Almeno dagli anni ’80, i progressisti hanno accettato, con vari gradi di entusiasmo, la narrativa del “progresso” del libero mercato – l’idea che una crescita economica costante con il minimo coinvolgimento pubblico sia l’unico modo affidabile per far avanzare la libertà e migliorare il benessere. La narrativa rimane incapace di riconoscere la nostra attuale economia politica come fondamentalmente estrattiva e predatoria. L’impegno nei confronti di un serio cambiamento, nel migliore dei casi, è a metà strada.
Mentre si stanno organizzando spontaneamente mobilitazioni, la politicizzazione della gente comune, finora, non è riuscita a produrre uno spostamento paradigmatico tanto necessario nel pensiero progressista.
Tutto ciò può essere ribaltato mettendo in evidenza e promuovendo nuove idee e movimenti capaci di costruire alternative funzionali.
Questa ricerca di un nuovo paradigma è cruciale in quanto l’umanità è alle prese con alcune profonde questioni rispetto alla sua stessa sopravvivenza: la continua crescita economica, che si fonda attualmente sull’industria estrattiva, è compatibile con gli sforzi per affrontare i pericoli urgenti dei cambiamenti climatici? Come possiamo invertire la perdita di fertilità dei terreni e la drastica diminuzione della biodiversità? Come possiamo invertire la perdita di elementi nutritivi negli alimenti? Come possiamo raccogliere i benefici delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale senza esacerbare la disoccupazione, l’ineguaglianza e l’emarginazione sociale? E come possiamo affrontare le minacce poste dalla concentrazione del capitale finanziario e dal nazionalismo populista alla stessa democrazia liberale?
Invece di cercare di ricomporre i pezzi rotti di modelli vecchi e non più funzionanti, i cittadini promotori del cambiamento farebbero meglio a sviluppare una nuova visione più adatta ai nostri tempi. Esistono già numerosi progetti che immaginano come potrebbe apparire un’economia più equa, eco-compatibile e post-crescita. Ma queste preziose informazioni restano spesso confinate all’interno di piccoli gruppi di intellettuali.
Ciò che è necessario ora, sono progetti coraggiosi che dimostrino, piuttosto che semplicemente concettualizzare, soluzioni efficaci.
L’ energia per un cambiamento serio e duraturo avrà origine, come è avvenuto nel corso della storia, dal basso, dai cittadini, lontano dai santuari del potere ufficiale. Le risorse possono essere scarse a livello locale, ma il potenziale per l’innovazione è enorme: qui troviamo una maggiore apertura al rischio e un’immaginazione ed entusiasmo da parte di semplici giovani cittadini che non ha eguali.
Oltre lo sguardo della quotidiana indifferenza, i semi di una nuova economia sociale stanno germogliando nei campi degli agricoltori, nelle iniziative cooperative e sulle piattaforme digitali. Una varietà di progetti sperimentali, organizzazioni innovative e movimenti sociali stanno sviluppando nuovi tipi di sistemi locali di economie del cibo . Aspirando a molto più di un’altra ondata di riforme tappabuchi, la maggior parte di questi attori va molto al di là della politica convenzionale. In modo frammentario ma lungimirante, cercano di sviluppare paradigmi per nuovi tipi di organizzazioni sociali ed economiche che riguardano la produzione ed il consumo del proprio cibo. L’obiettivo è quello di promuove storie positive di individui e delle loro rivoluzioni alimentari, sociali e ambientali.
Il mondo della cittadinanza attiva e degli agricoltori che rispettano l’ambiente e il cibo, è un mondo di sperimentazione molte volte fai-da-te e generalmente con un’etica open-source che si tiene insieme non attraverso la coercizione o il profitto ma attraverso la collaborazione sociale, la creatività e l’equità del lavoro, spesso con l’aiuto delle piattaforme digitali. La sua attuazione può essere espressa in cooperative tra agricoltori e cittadini, sistemi alimentari localmente radicati, fondi agricoli di comunità e comunità di cittadini che sostengono gli agricoltori CSA.
Qual è la chiave per costruire narrazioni migliori riguardo ai cambiamenti climatici e al cibo giusto senza cadere nell’utopia?
Cerchiamo di trasmettere una strategia di narrativa positiva. Si riconoscono continuamente i problemi e si supportano con le conoscenze scientifiche. Ogni volta che parliamo di costruire soluzioni nuove per produrre e consumare alimenti sani e nutrienti, creare narrazioni e affrontare problemi sociali e ambientali, siamo convinti che la scienza sia nostra alleata.
Non sorprende che la politica abbia manifestato scarsa attenzione verso queste forme emergenti di economia sociale e il loro potenziale politico. Come mostrano le ultime campagne elettorali , i politici poco lungimiranti (ne esistono anche di segno opposto, per la verità) discutono in maniera non informata sul cambiamento climatico e sulle possibili nuove economie del cibo, figuriamoci immaginare un’economia post-combustibili fossili o applicare profondi principi ecologici alla coltivazione dei terreni e al consumo consapevole del cibo. Allo stesso modo sono ignorati i movimenti social-and-solidarity-economy (SSE) per costruire cooperative multi-piattaforma per la produzione ed il consumo alimentare. Ma questo è precisamente il motivo per cui coloro che cercano un cambiamento profondo dovrebbero prestare attenzione a questi cambiamenti. Il settore dei beni comuni va oltre l’approccio ortodosso al cambiamento e alla giustizia sociale, che tende a privilegiare i diritti individuali e la redistribuzione della ricchezza attraverso il sistema fiscale e i programmi governativi. Invece, gli ideali portati avanti sono l’emancipazione collettiva e la “distribuzione” dei benefici dando alle persone la possibilità di operare, in maniera collettiva, su pezzi cospicui di terra, acqua, infrastrutture, abitazioni, spazi pubblici e servizi online.
La posizione dell’agricoltore in riferimento agli acquisti di semi e delle attrezzature delle aziende agricole è più o meno la stessa di chi compra prodotti informatici della Apple o SONY o Microsoft o General Motors. Molte delle tecnologie che acquistiamo così avidamente e che utilizziamo in modo così onnipresente non sono interamente nostre. Accettiamo implicitamente licenze che limitano la nostra capacità di accedere e modificare il codice incorporato quando utilizziamo software e quando acquistiamo telefoni, tablet e automobili. Come la legislazione sui brevetti e sul copyright, le limitazioni sulla modifica e l’uso dei consumatori avrebbero dovuto stimolare l’innovazione e prevenire la pirateria. Invece, sono diventati strumenti per migliorare il potere del mercato attraverso la creazione di ostacoli alla riparazione e al riutilizzo.
Le restrizioni relative ai brevetti e alle licenze sull’uso delle sementi danneggiano non solo gli agricoltori, ma la società nel suo insieme.
Negli Stati Uniti, una serie di soggetti interessati – scienziati del settore pubblico, università, coltivatori di piante , piccoli proprietari di sementi e attivisti per i diritti dei semi – si sono riuniti per “riprendersi il diritto dei semi” e liberare il seme dal dominio delle imprese agro-industriali. E’ stato costituito l’Open Source Seed Initiative (OSSI) e in Italia la Rete dei Semi Rurale per creare soggetti legali che possano garantire che almeno alcuni semi e alcuni dei geni non possano essere bloccati dall’uso di brevetti e altri accordi restrittivi.
La strategia principale per raggiungere questo obiettivo è la pubblicizzazione e la propagazione degli obiettivi insieme ai semi: “Avere la libertà di usare questi semi in qualsiasi modo si voglia. In cambio, ci si impegna a non limitare l’uso altrui di questi semi o dei loro derivati con brevetti o altri mezzi, e di includere questo impegno per qualsiasi trasferimento di questi semi o dei loro derivati. “ Questo impegno” copyleft “assicura che i quattro principi open source per la libertà dei semi sono preservati:
- La libertà di salvare o coltivare sementi per il reimpianto o per qualsiasi altro scopo.
- La libertà di condividere, scambiare o vendere seme ad altri.
- La libertà di provare e studiare i semi e di condividere o pubblicare informazioni su di esso.
- La libertà di selezionare o adattare il seme, fare incroci con esso, o usarlo per produrre nuove linee e varietà.
In effetti, è proprio quello che il movimento del cibo locale ha fatto negli ultimi decenni. Di fronte a una lunga lista di e/orrori dell’agro-industria – pesticidi, alimenti trasformati, monocolture, monopòli di semi, perdita di biodiversità – numerosi promotori del localismo si sono messi in moto per creare un’economia parallela, semi-autonoma: orientata alla comunità, equilibrata, umana ed ecologicamente rispettosa. Oggi, ci sono diversi progetti di agricoltura sostenuta dalla comunità e moltissimi mercati di agricoltori locali. L’agricoltura biologica è un settore di mercato solido, e l’agroecologia e l’agricoltura organico-rigenerativa stanno indicando la strada verso approcci agronomici ancora più rispettosi dell’ambiente.
Per sviluppare soluzioni sistemiche, l’idea è quella di creare reti gestite direttamente dalle comunità, che riunisce proprietari dei terreni, agricoltori e lavoratori insieme agli abitanti delle città per sostenere una missione condivisa: cibo di alta qualità, sicuro, coltivato localmente che tutti possono permettersi.
Questo approccio segna un cambiamento radicale: rispetto ad una ristretta attenzione alla produzione di solo cibo, si tende ad un approccio di sistema, in cui gli interessi delle comunità agricole e della popolazione locale è considerata un insieme rispetto alla terra, ai bacini idrografici e alla biodiversità.
Come nel caso di tante esperienze di cittadinanza attiva, l’attenzione dovrebbe essere rivolta a ottenere risultati tangibili per avere una maggiore rilevanza verso il cambiamento.
Oggi il nostro futuro economico sta prendendo forma in nuove attività organizzate. Strutture cooperative innovative, progetti pool-and-share, spazi e attività in Coworking dove progettare il futuro, piattaforme digitali autogestite e reti globali collaborative stanno cambiando la fotografia della sociatà per perseguire un cambiamento sociale.
Una delle nuove forme più importanti potrebbe essere la piattaforma cooperativa, un’alternativa socialmente costruttiva. Le cooperative tra coltivatori agricoli e cittadini consumatori stanno tentando di scrivere una storia diversa: invece di utilizzare le tecnologie di rete per drenare denaro dalle comunità a beneficio di pochi investitori e speculatori, collaborano con comunità, lavoratori e consumatori per condividere i benefici di un cibo sano, di una terra finalmente fertile e di un ambiente vivibile .
Per i politici con idee convenzionali, alterare la microdinamica delle organizzazioni può sembrare irrilevante rispetto al compito di realizzare un cambiamento sociale su vasta scala. Ma trasformare i sistemi organizzativi e le culture su piccola scala può essere uno dei modi più efficaci per realizzare il macro-cambiamento.
Proprio come il microprocessore e la rete di telecomunicazioni hanno cambiato le dinamiche interne del business, trasformando alla fine l’economia globale stessa, l’ascesa della governance auto-organizzata e della collaborazione sta aprendo opportunità strategiche su una scala più ampia.
Negli ultimi due decenni sono già stati compiuti alcuni notevoli progressi. Oltre a una serie di strategie di rilocalizzazione, un nuovo settore di produzione paritaria basata sui beni comuni ha rivoluzionato lo sviluppo del software, la ricerca scientifica, l’editoria accademica, l’istruzione e altri campi rendendo i loro risultati legalmente e tecnicamente condivisibili. Nelle stanze dove si decide il destino dei cittadini, tuttavia, i responsabili politici, anche quelli più progressisti, mostrano scarso interesse per le profonde implicazioni politiche ed economiche delle CSA (Comunità che Supportano l’Agricoltura) del software libero e open source, delle licenze Creative Commons, della scienza accessibile ai cittadini comuni, dei beni comuni strutturati in cooperative, delle risorse educative aperte e del design architettonico condiviso.
Emulazione e federazione: questi sono i mezzi con cui si espanderà un nuovo settore partecipativo.
La maggior parte di questi e altri movimenti sono visti come troppo piccoli, locali, non ortodossi o poco conosciuti per essere consequenziali. I loro partecipanti tendono ad astenersi dalla politica, e spesso non considerano il loro lavoro come parte di un movimento unico. Si vedono come parte di dimensioni paralleli di progetti autonomi, ognuno che lavora diligentemente nella propria sfera separata.
In modo controintuitivo, queste dimensioni parallele possono alimentare una rinascita umanistica. “Il prossimo grande successo umano sarà fatto da tante piccole cose”, è stato predetto di recente, rilevando ordinatamente la logica strutturale dei movimenti postcapitalistici e la generatività creativa e condivisa di Internet.
Agire su questa intuizione richiede una nuova mentalità. Maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta ai luoghi e ai cittadini che agiscono su reti distribuite. Questi individui e questi progetti dovrebbero essere riconosciuti come attori seri in grado di soddisfare i bisogni reali in modi nuovi, riconoscendo i limiti dei mercati e delle burocrazie centralizzate, che sono così spesso decise a rivendicare il controllo totale e ad eliminare lo spazio per la deliberazione sociale e la vera democrazia umana.
Ma, gli scettici chiedono, queste innumerevoli piccole iniziative non convenzionali possono aumentare o essere replicate? La domanda parte dala falsa premessa che sia necessaria una qualche forma di gestione centralizzata o di controllo gerarchico. Come le reti aperte e condivise, la nuova economia sociale non sarà diretta solo da decisori politici o da un programma comunitario. Quel tipo di controllo la ucciderebbe.
L’economia locale partecipativa si espanderà solo coinvolgendo una base diversificata di pragmatici. Questo potrebbe essere possibile, dal momento che offre qualcosa per tutti. Ma il successo del movimento comune dipenderà dalla vitalità indipendente dei suoi progetti, dall’integrità della sua partecipazione dal basso verso l’alto e dai risultati che produce.
Emulazione e federazione: questi sono i mezzi con cui si espanderà il nuovo settore partecipativo. Il punto è creare le condizioni affinché le iniziative di base possano auto-organizzarsi e crescere.
Oggi dobbiamo piantare un campo di nuovi semi se vogliamo avere qualcosa da raccogliere negli anni a venire. Ci sono molte alternative possibili.